Achille Variati, membro della Commissione per l’Ambiente del Parlamento europeo, analizza i punti chiave del Critical Raw Materials Act
Aumentare le capacità di trasformazione dei prodotti, accrescere i volumi di riciclo di quelli dismessi e diminuire i consumi delle materie prime critiche per alleggerire progressivamente la dipendenza dalle importazioni da Paesi terzi. Sono questi alcuni dei pilastri del Critical Raw Materials Act, emanato nel marzo scorso dalla Commissione Europea. Ad analizzare i punti chiave del regolamento, e inquadrare il cammino dell’Italia in questo percorso, è Achille Variati, membro della Commissione per l’Ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo.
Perché l’Europa non poteva più rimandare il varo di questa normativa?
Le materie prime critiche rivestono un ruolo fondamentale per accelerare la decarbonizzazione del nostro continente. L’Europa è un continente povero di materie prime e, per questa ragione, il riciclo dovrebbe diventare sempre più importante. Attualmente, però, i tassi di riciclo delle materie prime critiche sono troppo bassi e le infrastrutture non sono adatte per la specificità di queste materie. Per questa ragione la Commissione ha presentato un Regolamento specifico per le materie prime critiche che poggia su quattro pilastri principali: rafforzare l’intera catena del valore, diversificare le importazioni, migliorare la capacità di monitorare e attenuare il rischio di approvvigionamento, garantire la libera circolazione delle materie prime critiche, e dei prodotti che le contengono, immessi sul mercato dell’Unione. Come Parlamento, nella plenaria di settembre abbiamo aggiunto due nuovi pilastri, vale a dire la promozione dello sviluppo e della diffusione di materie prime sostitutive e l’attenuazione dell’aumento della domanda di materie prime mediante una crescita dell’efficienza e della sostituzione dei materiali nell’intera catena del valore.
Nella lista delle materie critiche stilate dall’Ue quali sono, attualmente, gli approvvigionamenti più problematici?
Penso in primo luogo al litio che, ad oggi, è recuperato con percentuali bassissime ma il cui utilizzo sarà alla base dell’elettrificazione dei trasporti attraverso la sempre maggiore diffusione dei veicoli elettrici. C’è poi da monitorare la domanda di terre rare per le turbine eoliche onshore e offshore che aumenterà di 4,5 volte entro il 2030 e di 5,5 volte entro il 2050.
Quanto la guerra in Ucraina ha accelerato la necessità per l’Ue di dotarsi di una normativa di questo tipo considerato che dipendiamo fortemente dalle importazioni di materie prime critiche da Paesi terzi?
La guerra in Ucraina ha messo l’Ue di fronte alla necessità di rafforzare la propria autonomia strategica per quel che riguarda le materie prime critiche. L’obiettivo di fondo di questo Regolamento è sfruttare al meglio le riserve dell’Ue e realizzare attività di esplorazione, estrazione, raffinazione, trasformazione e riciclo a livello interno, nel pieno rispetto degli ecosistemi ambientali.
Come si trova un equilibrio tra, da una parte, la necessità di cercare partenariati reciprocamente vantaggiosi con i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo e, dall’altra, l’impegno che si prefigge l’Ue di promuovere in questi Paesi la creazione di catene del valore sicure, resilienti, economicamente accessibili e sufficientemente diversificate?
È chiaro che l’Ue continuerà a fare affidamento sulle importazioni di materie prime per realizzare la duplice transizione ecologica e digitale. La Commissione si è già impegnata a rafforzare la cooperazione con i Paesi terzi stimolando investimenti sostenibili nelle catene del valore delle materie prime critiche e in altre componenti a valle. Il Parlamento ha voluto porre un forte accento sulla dimensione sociale dei progetti che si svilupperanno nei Paesi terzi e che dovranno rispettare i principi internazionali dell’Organizzazione internazionale del lavoro e le principali convenzioni sui diritti delle popolazioni indigene.
Che ruolo riveste l’economia circolare nella sfida di un approvvigionamento più sostenibile di queste materie critiche? E l’Italia, che spazio può ritagliarsi?
L’economia circolare rappresenta un elemento cruciale per un approvvigionamento sicuro e maggiormente sostenibile. Basti pensare al fatto che la maggior parte delle materie prime critiche è costituita da metalli, pienamente riciclabili, il che rappresenta un’opportunità per passare a un’economia realmente circolare nel contesto della transizione verde. La grossa sfida che abbiamo davanti è dotare il nostro continente, e ancor più l’Italia, di una capacità, di sistemi e di tecnologie di riciclo che sono ancora spesso inadeguati alle specificità di tali materiali. L’Italia ha già dimostrato di essere leader europeo per il recupero di materia, penso ad esempio alle alte percentuali di riciclo per la carta o il vetro. Dovremmo ampliare modelli simili anche alle materie prime critiche.
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