Dalla Calabria il dibattito su turismo e overtourism tra digitale e paesaggi sociali da tutelare. Appuntamento a Nicotera (Vv) dal 20 al 22 settembre
di MARIA PIA TUCCI
«In un mondo iperconnesso, dove tutto è accessibile come mai prima d’ora, dove è possibile raggiungere qualsiasi destinazione, anche lontana, grazie a prezzi molto vantaggiosi, gran parte del mistero e della magia che un tempo caratterizzavano il viaggio tendono a dissolversi». Parla così Francesco Biacca, founder del Festival dell’Ospitalità, quando gli chiediamo un primo perché del “Fuori Rotta. Oltre i confini del turismo”, titolo-bussola di questa edizione 2024 del Festival, in programma a Nicotera nella provincia di Vibo Valentia dal 20 al 22 settembre prossimi.
Un appuntamento storicizzato che da nove anni fa il punto sulle nuove possibili forme di turismo, caratterizzandosi per un linguaggio che guarda all’innovazione ma con i piedi ben piantati nelle comunità e che porta a Nicotera il più che mai necessario confronto partecipato su opportunità, contraddizioni, impatti che ancora il turismo rappresenta essendo una fonte di economia per i territori e i suoi abitanti. Nei giorni del Festival dell’ospitalità, quest’anno, si tireranno le fila sulle nuove frontiere del turismo. Una vera e propria industria il cui termine turismo non basta più a se stesso e che da anni è diventato settoriale e definito: lento, esperienziale, culturale; fino a essere “over”. Troppo grande per essere contenuto per domanda e offerta o fuori misura per essere identificato ancora come uno slancio vitale che offre alle persone l’opportunità di visitare, conoscere, concedersi una tregua dalle consuetudini? Si parla infatti, sempre più di overtourism.
Francesco Biacca, che fenomeno è l’overtourism?
«Tecnicamente con il termine overtourism intendiamo l’impatto negativo che il turismo ha su una destinazione, nello specifico rispetto alla qualità della vita dei residenti e alla qualità delle esperienze. Ultimamente si è parlato tanto di overtourism, sebbene esista da tantissimo tempo. Basti pensare al fenomeno della gentrificazione, che porta i residenti di un luogo ad andare via dal centro storico di una città per spostarsi nelle aree sub-urbane o comunque distanti dai grandi flussi turistici. E ancora, se pensiamo all’omologazione dell’esperienza turistica e alla creazione di non luoghi, con l’obiettivo di massificare il più possibile i territori, il limite con il folklore è spesso sin troppo labile. Il turismo, così inteso, divora i paesaggi in generale, deturpa i territori, ha un impatto negativo sull’ambiente, come l’aumento del traffico, la difficile gestione del ciclo dei rifiuti, l’impatto su mare, sentieri e montagna, paradossalmente facendo sì che l’industria si privi della sua risorsa principale».
Come affronta questo tema il Festival dell’ospitalità?
«Il titolo della IX Edizione è “Fuori Rotta. Oltre i confini del turismo”. Da anni, ci interroghiamo sui confini del turismo, sulla sua identità e sul futuro che potrà e dovrà avere. Siamo ancora convinti che l’ospitalità sia punto cardinale che guida l’industria turistica più etica, responsabile e sostenibile e che questa rappresenti il percorso che porta con sé economie, sociale e cultura come fattori determinanti per la trasformazione di quello che oggi vediamo come turismo al confine e che deve diventare un turismo-ponte. Figurazione che mette in relazione luoghi e persone. Le riflessioni sulla cultura turistica e le destinazioni sono da sempre il nostro punto di osservazione privilegiato, un’analisi attenta del mercato ma con al centro le persone e le comunità. A partire dalle edizioni del recente passato abbiamo attraversato la riflessione sull’Abitare connessi (2022) e approdato alla responsabilità dei Destini in Azione (2023) e quest’anno ci confronteremo con numeri grazie a speaker e ospiti che ci permetteranno di intravedere soluzioni possibili, perché in alcuni luoghi sono già in atto, a problemi ormai evidenti legati a un turismo invasivo»
Qual è il confine tra un Turismo distruttivo e uno costruttivo?
«L’iper-connessione e l’iper-raggiungibilità alle destinazioni di cui parlavamo ha paradossalmente generato una perdita di senso e significato nelle nostre esperienze e nelle strategie dell’industria turistica stessa. Vogliamo quindi intraprendere un viaggio tra i confini del turismo, esaminando sì le sue contraddizioni, i suoi impatti e opportunità, spingendoci, appunto verso un “oltre turismo”. I confini non sono barriere, quanto piuttosto finestre che ci aprono a nuove prospettive e ci permettono di vedere il mondo da un’altra angolazione. Non si tratta di raggiungere nuove destinazioni, ma di esplorare nuove modalità di essere e di interagire. Quello di cui parliamo è un Turismo che non si limita a intrattenere e consumare, ma che trasforma, unisce e stimola la reciprocità, il contatto umano, la crescita personale e collettiva. In questo nuovo paradigma, il Turismo diventa uno strumento al servizio di un’esperienza umana più profonda e significativa e catalizzatore di cambiamento positivo».
Quali sono le ricadute economiche, a suo avviso, di un turismo che fa rima con eco-sostenibilità?
«Prima di pensare alle ricadute economiche, dovremmo immaginare l’impatto che la sostenibilità, sulle sue tre dimensioni, ha sulle comunità che scelgono di vivere di Turismo. Dal punto di vista sociale, co-creare il prodotto che intercetti il viaggiatore giusto nella stagione giusta, quindi andando oltre il concetto di destagionalizzazione, ci permette di generare l’incontro tra i residenti e gli abitanti temporanei. Un incontro lento, profondo, che dia la possibilità a entrambi di arricchirsi grazie all’ospitalità. Dal punto di vista ambientale, scelte sostenibili consentono di migliorare il ciclo di gestione dei rifiuti, essere più rispettosi dell’ecosistema che ci circonda, mirando a un impatto che sia il più possibile minimo, lasciando un’impronta progressivamente positiva. Dal punto di vista economico, infine, dobbiamo essere inclusivi dando la possibilità a tutti di poter viaggiare e vivere esperienze uniche. Di certo, mettere al centro buone prassi di sostenibilità nei progetti di destinazione consente di avere una ricaduta importante anche da questo punto di vista, anche solo perché miriamo a evitare una concentrazione nello spazio tempo ristretta a una finestra di pochi mesi».
Quali le politiche attuabili? E, per fare i conti in casa, la Calabria è davvero una regione turistica?
«La Calabria è in una fase in cui può scegliere quale strategia attuare da un punto di vista turistico. Seguendo il ragionamento approfondito prima, siamo certamente una regione turistica, l’ospitalità è certamente il nostro punto forte. Abbiamo ampi margini di miglioramento, e anche sul nostro territorio esistono esempi di overtourism sui quali sarebbe bene intervenire, ri-pensando, quindi ri-progettando queste destinazioni. Dobbiamo partire dal presupposto che le comunità sono un patrimonio da preservare e valorizzare, dobbiamo mettere al centro i professionisti in quei progetti strategici che ci diano la possibilità di creare destinazioni che siano ospitali, quindi turistiche».
Lo start del Festival dell’Ospitalità è previsto per le 10 di venerdì 20 settembre nella Sala Consiliare del Comune di Nicotera. Saranno diciotto gli eventi previsti, per un programma di tre giorni ricco di punti di vista grazie a un dibattito costruttivo tra operatori di settore, animatori culturali e di comunità, giornalisti, esperti di comunicazione visiva e innovatori digitali che arriveranno a Nicotera da tutta Italia. Giornate in cui si porrà l’accento, dunque, su città e cittadini residenti e temporanei, viaggiatori e destinazioni con duo talk e laboratori esperienziali, arte, musica e teatro che concorreranno ad animare il più importante evento sul turismo che, dal meridione d’Italia, dalla Calabria, poggia lo sguardo sul mondo.