A novembre 2003 la Basilicata si ribellò al blitz del governo Berlusconi, che voleva realizzare a Scanzano Jonico il deposito nazionale delle scorie nucleari. Il ruolo di Legambiente
Dal 13 al 27 novembre 2003 una protesta dalle proporzioni inedite scuote la Basilicata. È la risposta al decreto 314, che dà il via libera alla realizzazione del deposito unico per le scorie nucleari nel comune di Scanzano Jonico, in provincia di Matera. Nei giorni della protesta, migliaia di persone partecipano a blocchi stradali, cortei, comizi. Occupano il municipio, il sito prescelto e una stazione ferroviaria. L’apice è la “Marcia dei centomila” del 23 novembre. Legambiente gioca un ruolo di primo piano nella mobilitazione. A partire dallo storico circolo di Policoro, a pochi chilometri da Scanzano, e dalla sua vulcanica presidente, Stella Bonavita.
Che cosa ricorda di quel 13 novembre 2003?
Tutto, come fosse ieri. Anche perché tenevo un diario. Erano le 12, mentre stavo facendo lezione (è una maestra elementare, ndr) squilla il telefono. Era Gianfranco De Leo, presidente di Legambiente Basilicata: “Stella, una brutta notizia, mi ha appena chiamato Ermete (Realacci, ndr): hanno scelto Scanzano per realizzare il deposito nazionale delle scorie”. Ho avuto paura, i miei alunni se ne sono accorti subito. “È successo qualcosa?”. Risposi di sì, spiegandogli tutto.
Cos’è successo da quel momento?
Bisognava innanzitutto far dilagare la notizia. E su questo furono fondamentali i ragazzi del nostro circolo: erano bravi a utilizzare la posta elettronica, non scontato nel 2003, e tramite una serie di mailing list riuscirono a informare tutti gli studenti lucani fuorisede, che giocarono un ruolo importante nella mobilitazione. Nel frattempo io stessa, all’epoca responsabile regionale Cgil Scuola, utilizzai il canale del sindacato per spargere la notizia. Noi di Legambiente siamo stati i primi, nel pomeriggio, ad arrivare sotto il municipio di Scanzano. Iniziò in quel momento la battaglia “No alle scorie”. A mezzanotte stavamo occupando la statale 106, strada importante di collegamento tra Puglia e Calabria. Il giorno dopo vennero occupate altre strade, le scuole restarono chiuse. Le assemblee erano ovunque, anche nelle parrocchie. Ricordo la mia chiamata al nazionale (la sede centrale di Legambiente, ndr), nel pieno dei preparativi per il congresso che si sarebbe aperto due settimane dopo: “Dovete scendere immediatamente”. Nel giro di poche ore caricarono il furgone e ci raggiunsero. La tenda di Legambiente, che montammo davanti al centro di ricerca Enea di Rotondella, diventò il cuore del movimento.
Il momento più difficile?
Quando bloccammo i treni alla stazione di Metaponto. La polizia aveva avuto l’ordine di sgomberarci e la situazione stava per mettersi male. Cominciammo a chiamare più gente possibile. Ci salvò don Filippo Lombardi, che con i suoi fedeli distribuì centinaia di rosari. Li ribattezzammo i “rosari delle scorie”.
Il più bello invece?
La “Marcia dei centomila”, il 23 novembre. Ricordo la folla che non finiva mai e il cuore colmo di gioia. Ho avuto la certezza che avremmo vinto quella sera stessa, quando i politici in tv cominciarono a fare marcia indietro. Due giorni dopo ci fu un altro corteo, a Roma però. Il giorno ancora successivo, il 26 novembre, organizzammo un convegno davanti al nostro presidio: “La scuola e il nucleare”. Era pieno di persone e di telecamere. Vennero in processione tanti politici, di centrosinistra ma anche di destra… Il 27 arrivò la notizia: il nome di Scanzano era sparito dal decreto.
E il giorno successivo, il 28 novembre, aprì il congresso di Legambiente.
Ricordo che fui invitata al tavolo di presidenza e che Francesco (Ferrante, ndr) mi fece intervenire perché voleva che portassi all’intera platea la mia testimonianza… Ci fu però un fuori programma. Mi avvolsi in un velo nero, scesi dal palco e mi fermai davanti a Matteoli (ministro dell’Ambiente del governo Berlusconi, ndr) per dirgli due parole. Ricordo che dal tavolo alle mie spalle si alzarono tutti in piedi, si spaventarono (ride)… Riuscii comunque a fare un bel discorso. Al contrario di quello che faccio solitamente, lo scrissi, perché dovevano sentire il cuore.