Un “Manifesto” per salvare i ghiacciai e le risorse idriche

Le fronti glaciali arretrano, le perdite di volume sono sempre più consistenti. I ghiacciai dell’intero arco alpino, e le loro risorse idriche, sono a rischio. L’appello in sette punti di Legambiente per la loro governance

I ghiacciai italiani, austriaci e svizzeri stanno sparendo. È quanto emerge dal bilancio finale della “Carovana dei ghiacciai” di Legambiente, che nel suo viaggio ha messo in luce come la crisi climatica e il riscaldamento globale, con i suoi inverni poco nevosi e le estati eccessivamente calde, stiano portando a un rapido incremento delle temperature d’alta quota, con conseguenti perdite di volume e arretramenti dei fronti glaciali.

Nessuno dei ghiacciai visitati dalla “Carovana” si è dimostrato immune dalla crisi in corso. Dal ghiacciaio del Rutor (Valle d’Aosta), che negli ultimi cinquant’anni ha perso una superficie di 1,5 km2, al ghiacciaio del Belvedere (Piemonte), che ha perso 60 metri di spessore negli ultimi dieci anni. E ancora il ghiacciaio di Dosdè Est (Lombardia), che dal 1932 a oggi ha perso il 47% della sua superficie, e il Mandrone (Trentino-Alto-Adige), che negli ultimi sette anni ha registrato una perdita di 50 ettari di superficie. Per arrivare, oltre confine, al ghiacciaio di Ochsentaler (Austria), arretrato di circa 2.400 metri dal 1850 a oggi, e a quello del Morteratsch (Svizzera), che nel solo 2022 ha perso ben 22 metri.

Per tentare di far fronte a questa situazione, durante la sesta e ultima tappa in Svizzera, Legambiente ha presentato il “Manifesto per una governance dei ghiacciai e delle risorse connesse”. Sottoscritto da importanti glaciologi e climatologi, il “Manifesto” mette l’accento sui rischi generati dalla perdita di ghiaccio dalle catene montuose europee e sulle conseguenze che tale perdita può comportare.

Quando si parla di riduzione delle masse glaciali, recita il documento, “è fondamentale comprendere quali sono le interferenze reciproche con l’attività umana. Specificamente nella regione alpina, occorre capire qual è l’effetto principale dei ghiacciai sulle riserve d’acqua (per usi agricoli, di produzione di energia primaria e consumo umano), sull’economia (nei settori dell’energia, del turismo e dell’agricoltura) e sulla sicurezza ambientale e umana (in termini di frane, caduta di ghiaccio e inondazioni)”. Il “Manifesto” sottolinea inoltre l’importanza che i ghiacciai hanno dal punto di vista storico – in quanto archivio naturale, fonte di dati storici, climatici e ambientali la cui perdita è accelerata dalla perdita della massa glaciale – e dal punto di vista multidisciplinare e interdisciplinare: dalla statistica alla geologia, alle scienze economiche e giuridiche, sono tante le discipline che si occupano di studiare il funzionamento dei sistemi glaciali e le loro ricadute socio ambientali.

A questo si aggiunge la necessità di dar vita a strategie comuni che coinvolgano tanto i decisori politici quanto le comunità locali, queste ultime fondamentali per parlare di risorse idriche e bisogni specifici nei propri territori. Partendo da questi presupposti, Legambiente propone sette azioni da lanciare a livello internazionale, necessarie per far nascere una governance dei ghiacciai e delle risorse idriche.

Sette azioni per i “giganti bianchi”

1) istituire contesti di confronto tra amministratori regionali e locali, gruppi di ricerca, associazioni e imprese, per migliorare la capacità di governance dei ghiacciai europei, le conoscenze e il know-how scientifico e tecnico

2) promuovere e mettere in rete le esperienze provenienti da diverse situazioni geografiche, politiche e climatiche

3) creare una rete di competenze multidisciplinari da condividere per costituire una governance europea dei ghiacciai

4) orientare le scelte dell’Unione Europea alla tutela degli ambienti glaciali, dai ghiacciai alle calotte glaciali e alla riduzione degli impatti sulla criosfera e sull’uso del suolo e dell’acqua

5) costruire un sistema europeo di monitoraggio del rischio criosferico, mettendo in comune le esperienze maturate a livello locale e regionale e costruendo un sistema comune di regole

6) collaborare con le università, i centri di ricerca e la scuola per sensibilizzare e accrescere la consapevolezza dei cittadini e delle istituzioni e per sviluppare percorsi di formazione al fine di costruire nuove professionalità nel campo della mitigazione e dell’adattamento;

7) valorizzare e coordinare gli strumenti e le politiche internazionali per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici nelle Alpi, in particolare quelle sviluppate dalla Convenzione delle Alpi, come il “Piano d’azione clima 2.0”, le “Linee guida per l’adattamento locale ai cambiamenti climatici nelle Alpi” e le relative iniziative di attuazione come la “Carta di Budoia per l’Adattamento Locale ai cambiamenti climatici”.