Ex Ilva Taranto, studio Iss conferma le ricadute dell’inquinamento del siderurgico sulle madri

foto dell'Ilva di Taranto

Evidenziata la presenza di una molecola chimica che “può essere considerato un marcatore di attività industriali di carattere metallurgico”. A ottenere lo studio la giornalista Rosy Battaglia, regista del documentario-inchiesta “Taranto chiama”

La giornalista Rosy Battaglia ha ottenuto grazie al Foia (Freedom of information act) l’intero studio dell’Istituto Superiore di Sanità che conferma a Taranto la presenza nel latte materno di sostanze chimiche “marker” provenienti dal complesso siderurgico. Al documento la giornalista, regista del documentario-inchiesta “Taranto chiama” prodotto in modo indipendente con il patrocinio dell’Ordine Nazionale dei giornalisti e di Articolo 21, è arrivata dopo sei mesi di richieste di accesso alle informazioni al Mase, a Ispra e all’Asl di Taranto.
Lo studio conferma le ricadute certe dell’inquinamento del siderurgico sulle madri di Taranto, evidenziando in particolare la presenza di una molecola chimica, il 2,3,4,7,8-pentaclorodibenzofurano, che “può essere considerato un marcatore di attività industriali di carattere metallurgico”.

Rosy Battaglia ha annunciato di aver messo a disposizione dell’Ordine dei medici della Provincia di Tarantolo studio, datato 2019 e contenente i dati relativi alle campagne di biomonitoraggio sul latte materno svolte solo tra il 2015 e il 2018. “Dalla risposta ottenuta, si evincono due cose – ha spiegato la giornalista -: che nessun ente preposto ha più monitorato dopo il 2018 la presenza di diossine nel latte materno delle madri, mentre si sono proseguite a monitorare la presenza degli inquinanti sui licheni e gli aghi di pino, le cui relazioni sono state pubblicate sul portale dedicato alla procedura di Autorizzazione integrata ambientale (Aia) del Mase, anche a seguito delle mie richieste”.

L’Istituto Superiore di Sanità ha confermato che “non ha effettuato attività di sorveglianza sanitaria sulla presenza di diossine nel latte e nel sangue materno, nei tessuti adiposi delle donne di Taranto residenti nei quartieri prospicienti lo stabilimento”. Eppure, come si legge sempre nello stesso studio, la presenza di diossine e furani.

Lo studio era stato commissionato dall’Ilva all’Istituto superiore di sanità, che lo ha realizzato in collaborazione con il Dipartimento Prevenzione dell’Asl di Taranto, nell’ambito del decreto del ministero dell’Ambiente del 2012, con il quale si imponeva il riesame dell’Aia dello stabilimento siderurgico situato nei comuni di Taranto e Statte. L’autorizzazione, scaduta ad agosto 2023, era necessaria per l’esercizio dello stabilimento siderurgico che prevedeva, appunto, con una specifica norma, la prescrizione 93, la realizzazione di una campagna di biomonitoraggio per determinare anche la concentrazione di diossine e PCB nel latte materno nelle aree adiacenti al polo siderurgico, compresi tra gli stabilimenti ex Sural-fonderie e S Provinciale 39, Statte, Paolo VI nei pressi dell’ospedale Moscati, Paolo VI – zona ipermercato, Tamburi, centro città, Mar Piccolo primo seno e secondo seno, Parco Cimino, Talsano, San Donato, Lama, San Vito.

La norma prevedeva infatti che “il Gestore dovrà provvedere, entro 6 mesi dal rilascio del provvedimento di riesame dell’AIA, a realizzare una rete di biomonitoraggio, concordando le modalità con l’Ente di controllo”, indicando che “il biomonitoraggio dovrà avere le seguenti finalità: – rilevare l’indice di biodiversità lichenica in riferimento agli inquinanti SO2 ed NOx; monitorare i licheni come bioaccumulatori di metalli; biomonitorare l’ozono mediante piante vascolari; monitorare gli inquinanti organici persistenti secondo le indicazioni OMS-FAO, con verifica di PCDD/F, PCB nel latte materno, pesce, bovini/ovini, sangue materno e tessuti adiposi”.

“Ringrazio lo studio legale E-lex per il supporto sulla normativa in materia di diritto di accesso e la dottoressa Annamaria Moschetti che da anni si sta battendo strenuamente per la salute dei bambini e delle mamme di Taranto che ha sollecitato e atteso questi dati almeno dal 2016, come io stessa avevo documentato in una mia precedente inchiesta e proseguo il mio lavoro – ha dichiarato Rosy Battaglia – Certo mi piacerebbe che questi dati vengano pubblicati in modo trasparente dagli enti preposti sul portale dell’Osservatorio Ilva e resi accessibili a cittadini e mondo scientifico”.